di Chiara Cecchetti

«Nella sua ricerca di un oggetto apparente, l’adolescente dovrà costruirsi un nuovo fantasma […] che gli permetta una relazione con l’Altro, con gli altri […]. Nell’infanzia la risposta alle diverse situazioni era data dal desiderio materno, l’educazione parentale definiva anche le forme del godimento. Con la pubertà le vecchie regole si rivelano inutilizzabili, una nuova strutturazione deve essere trovata e anche mostrata nell’ambiente intorno. Per l’adolescente comincia in questo tempo la necessità di sbrogliarsela […] per sostenere il suo desiderio […]. [Scelta coraggiosa che] chiama in causa la responsabilità dell’atto e la posizione etica del soggetto, d’ora in poi non più delegabili ad altri».
G. di Giovanni, La crisi in età adolescente, Roma, Borla 2010, pp. 45 - 46

Pare che la questione per l’adolescente sia provare a capire come fare nel rapporto con l’Altro ora che si ritrova solo, che il suo stare nel mondo non è più mediato completamente dai genitori, ora che sente il desiderio di altro, che si ritrova a fare i conti con la pulsione. A partire dal fantasma (se c’è) che regola il rapporto con l’Altro, l’adolescente vive tale rapporto e lo agisce attraverso i suoi sintomi, modo particolare di stare nel mondo che dice del momento di impasse e crisi in cui si trova. Il coraggio sta nel potersi domandare, accompagnato dall’analista, qual è la propria responsabilità nei suoi atti e nel suo dire, questione che gli fa inevitabilmente incontrare un vuoto: non c’è una garanzia totale e non si può sapere tutto, solo fare dei coraggiosi tentativi nell’intraprendere una strada che lo conduca verso i propri desideri e verso la scelta di un singolare modo di abitarli.

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